Giovedi, 25 aprile 2024 - ORE:10:52

Nuovi mostri dell’economia: capire e combattere lo “Spread”

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Cosa significa “Spread”?

Se vogliamo attribuirgli un significato onomatopeico di certo non ci suggerisce niente di buono; gli economisti non hanno voluto ingannarci più di troppo e ci hanno voluto dare l’ idea di una grande spremitura: Spread.

In effetti quando si parla di Spread spesso si parla anche di un tipo di spremitura che interessa soprattutto le tasche o i portafogli del cittadino.

Sui maggiori dizionari troviamo i significati: “spalmare” e “separarsi”; ma da questi significati è necessario arrivare ad una definizione “economica” più stretta.

Lo Spread è il differenziale tra un titolo ed un altro titolo preso come riferimento virtuoso. Significa che prendo sostanzialmente un modello di rendimento e osservo quanto il titolo considerato rende di meno.

Oggi noi guardiamo come modello di riferimento al “Bund tedesco”, e calcoliamo lo Spread sui nostri titoli chiamati BTP o Buoni del Tesoro Poliennali. Essi non sono altro che obbligazioni che lo Stato emette per ricorrere all’ indebitamento.

Se ad esempio il Bund tedesco ha un rendimento del 3% e il BTP italiano ha un rendimento dell’ 8%, lo Spread tra i titoli sarà 8% – 3% = 5% detti anche 500 punti base. Un caso simile si è verificato negli scorsi mesi (dicembre) quando lo Stato italiano si è trovato in profonda difficoltà.

Quello che noi chiamiamo rendimento è ciò che “rende” a chi acquista quel titolo del debito pubblico.

Lo Spread diventa perciò uno di quegli strumenti che meglio permette di misurare una serie di rischi tra i quali: i rischi finanziari di chi investe nei titoli ad alto rendimento e parallelamente quelli di chi si trova ad emettere titoli ad alto rendimento ossia gli Stati.

Come mai titoli a basso rendimento sono considerati “migliori e più affidabili” (Bund tedeschi) di titoli ad alto rendimento (BTP italiani)? Sul mercato non dovrebbero essere più appetibili titoli con più alto rendimento?

Di fatto i rendimenti non vengono decisi dagli Stati ma sono la risultante di una serie di fattori che spingono ad acquistare titoli più sicuri di altri. I titoli tedeschi sono presi infatti come riferimento dello Spread perchè sono i più sicuri di tutta Europa.

Ciò che determina i rendimenti e l’ affidabilità dei propri titoli è la concorrenza con altri titoli del debito pubblico di altri Paesi.

L’ origine dello Spread allora viene fatta risalire ad una duplice casistica: inefficacia della convergenza decisionale europea e scarso allineamento dei singoli Stati verso una stessa linea uniforme in politiche economiche.

Molti Paesi, tra cui l’ Italia, hanno “aderito” alle iniziative economiche europee sporadicamente in termini strutturali; cioè non hanno aderito a quelle politiche destinate a durare nel tempo e di enorme importanza come tagli alla spesa pubblica, investimenti e abolizioni di certi privilegi. Riforme che hanno dovuto poi realizzarsi a partire dal dicembre 2011 quando si era arrivati “sull’ orlo del precipizio”.

Se Paesi forti come la Germania potevano guadagnare dagli Spread si era giunti, nel dicembre 2011, ad un punto per il quale i Paesi con elevato tasso di Spread stavano rischiando seriamente di fallire e ciò sarebbe stato notevolmente dannoso per le economie dei Paesi forti che avrebbero visto i Paesi deboli uscire dall’ euro. Allora la BCE ha dato il via libera per la compravendita dei titoli dei Paesi più deboli così da determinare un abbassamento degli Spread dovuto ad un livellamento tra offerta di titoli e acquisto di essi.

Non dobbiamo quindi farci spaventare da nomi tecnici perchè di tecnico hanno poco e riguardano la vita di tutti i giorni: le nostra spese, i nostri stipendi. Dobbiamo cercare di capire sempre e non farci affibbiare sempre l’ idea che sia “troppo difficile da comprendere” e allora “è meglio lasciare a chi ci rappresenta”.

Una volta capita l’ origine di tali problemi il primo passo da fare, nell’ era della globalizzazione, è forse smetterla di ostinarsi a guardare il passato, di stagnare nei vecchi e nuovi nazionalismi,e sperare quanto partecipare per un nuovo cosmopolitismo europeo.


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