Venerdi, 26 aprile 2024 - ORE:02:56

Pagare il Canone Rai: Diritto o Obbligo?

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La storia del Canone Rai

Il canone Rai fu istituito nel 1938 quando ancora non esisteva la televisione, consisteva infatti in una tassa da pagare sul possesso di ogni apparecchio radio, dunque qualcosa che appariva come un servizio pubblico, ma indipendentemente dalla qualità di ciò che veniva trasmesso. Le tasse si sa, teoricamente dovrebbero servire a far funzionare quella grossa e ambigua macchina che è lo Stato. I cittadini pagano e lo Stato offre un servizio ”pubblico”. Ma quando questo servizio diventa, oltre che un obbligo, qualcosa di scarsa qualità, quando i soldi dei cittadini vengono investiti in pubblicità spazzatura, programmi scadenti, quando insomma il servizio non è più tanto per chi paga ma per chi ci guadagna, allora è il momento di protestare e liberarsi da un tale onere. Il canone Rai è pur troppo diventato uno dei più potenti strumenti di arricchimento dello Stato, il servizio che offre non è equilibrato rispetto al costo della tassa.

Il canone è ormai ritenuto un iniquo balzello, ossia un modo per finanziare indirettamente enti o personaggi che i cittadini non sono obbligati a pagare, un esempio? Con il canone Rai il cittadino va a finanziare il compenso sanremese di Celentano, se Celentano devolve il suo compenso ad Emercency e al cittadino ”x” non va così poi a genio Gino Strada, per sue le private ma leggitimissime idiosincrasie, perchè il cittadino si deve trovare a finanziare qualcosa che non ha scelto in prima persona? Moltissimi a destra e a sinistra si chiedono perché debbano finanziare un Bruno Vespa, un Santoro, Floris o ancora peggio L’isola dei famosi. Unica risposta è l’abolizione del canone Rai, un servizio che di pubblico non ha nulla dato che va ad arricchire singoli individui. Guardare la Rai è frutto di una libera scelta; nel mercato, i concorrenti del gigantesco ente lottizzato vengono stroncati alla nascita o s trovano in condizioni di netto svantaggio. Il canone va a abolito, secondo il giudizio popolare, perché dovrebbe essere almeno in larga parte privatizzata, rimpolpando così le casse dello Stato e alleggerendo le tasche degli italiani di una tassa in meno. Abolizione perché pagare una tassa sul possesso di un televisore in un epoca fatta di smartphone e tablet è un affronto alla modernità, un calcio alla libertà di informazione e un caloroso invito all’atavico, all’immobilismo.

La Rai è gigantesca, più delle altre televisioni europee che, se hanno il canone, almeno non hanno pubblicità; è un’arma formidabile  in mano a chi sa che se i bilanci non quadrano allora può avere un piccolo aiutino. Dunque è nostro diritto non comprare qualcosa a scatola chiusa, o tutto o nulla, quando paghi il canone paghi non solo quel che c’è di buono, ma anche ciò che personalmente non condivideresti, ciò che non si è liberi di evitare perché non c’è riduzione del prezzo.


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